Etichettatura alimentare: la storia sulle mancanze del governo Renzi continua...

Come noto, dal 13 dicembre 2014 è divenuto applicabile il regolamento (UE) 1169/2011 e, con esso, è venuta, a mancare l'obbligatorietà di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia, considerato che il Governo italiano non ha provveduto a notificare, nei termini stabiliti alla Commissione europea, la volontà del mantenimento di tale prescrizione pur avendo, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, annunciato il 21 dicembre 2014, di aver chiesto al Ministro dello sviluppo economico di ripristinare l'obbligo in parola.
Il regolamento (UE) n. 1169/2011, oltre ad uniformare le regole a presidio dell'informazione dei consumatori in relazione agli alimenti all'interno del mercato unico europeo, ha introdotto, altresì, l'obbligo di indicazione dell'eventuale presenza di allergeni nelle etichette degli alimenti preconfezionati e l'opportuna comunicazione ai consumatori anche quando gli alimenti sono venduti al dettaglio o somministrati, ad esempio, in bar o ristoranti.
Il regolamento de quo ha superato molte delle previsioni di cui al decreto legislativo n. 109 del 1992, tuttavia, ad oggi, non è ancora disponibile la normativa nazionale di applicazione e permane quindi estrema incertezza tra gli operatori sui tempi e sulle modalità di effettiva applicazione delle disposizioni comunitarie nonché su quali sanzioni debbano essere applicate per la violazione degli adempimenti in esso previsti.
Il regolamento italiano con legge 6 agosto 2013, n. 96 (articolo 2), ha delegato l'Esecutivo ad emanare un decreto legislativo per stabilire le sanzioni in relazione al nuovo regolamento (UE) n. 1169/2011, ma fino a quando le disposizioni sanzionatorie non saranno in vigore, le autorità di controllo saranno prive di poteri sanzionatori per la violazione delle nuove norme, come pure di quelle preesistenti in tema di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, fatto salvo quanto scritto e ribadito, sui prodotti venduti sfusi e i preincarti.

Il Ministero dello sviluppo economico, in data 6 marzo 2015 ha pubblicato una circolare specificando che, «nelle more dell'adozione della disciplina sanzionatoria», è ancora possibile applicare la gran parte delle sanzioni previste all'articolo 18 del decreto legislativo 109 del 1992. Allegata alla circolare, vi è una «tabella di concordanza» che associa le sanzioni del vecchio decreto 109 del 1992 alla violazione delle norme contenute nel successivo regolamento (UE) n.1169/2011 in palese contraddizione con il principio di stretta legalità, cristallizzato nell'articolo 25 della Costituzione della Repubblica italiana. Tale principio – declinato sia nel codice penale sia nella legge 689 del 1981, sul procedimento sanzionatorio amministrativo – esclude la possibilità di applicazione delle norme «per analogia»: il fatto che dà luogo all'applicazione della pena deve essere previsto in modo «espresso» in un atto avente forza di legge.
In questa situazione di «vacuum legis» risulta molto grave la situazione dei consumatori allergici e dei celiaci, ancora privi di effettiva protezione non solo sui prodotti alimentari in vendita (imballati, sfusi e preincartati), ma soprattutto su alimenti e bevande somministrati nei bar e pubblici esercizi, ristoranti, mense e nel mondo del catering. Anche in questo caso mancano opportune sanzioni: il Ministero della salute si è limitato a precisare, con circolare del 6 febbraio 2015, i doveri di informazione ai consumatori a carico di pubblici esercenti e ristoratori.
In data 14 novembre 2014 ho già depositato l'interpellanza urgente n. 2-00743 chiedendo al Governo di notificare alla Commissione europea la volontà di legiferare per mantenere l'obbligo di indicare in etichetta lo stabilimento di produzione e confezionamento dei prodotti alimentari. In tale sede il Governo ha risposto che non essendovi una legge ad hoc, non si sono potuti adattare i provvedimenti richiesti nell'interpellanza urgente. Preso atto dell'inerzia del Governo, ho presentato, in data 2 dicembre 2014, con i colleghi del M5S, una proposta di legge n. 2762 ed ho chiesto ai cittadini di far sentire la propria voce, attraverso una lettera indirizza al Presidente del Consiglio, al Ministro dello sviluppo economico e al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. In 10.000 hanno accolto l'invito, ma il Governo, allo stato attuale, sembra aver ignorato tale appello.

Il 6 febbraio 2015, il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico rispondendo all'interpellanza urgente n. 2-00818 di cui sono cofirmatario ha affermato che:
«gli uffici competenti del Ministero dello sviluppo economico hanno avviato i lavori per mettere a punto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dal decreto legislativo n. 109 del 1992, per l'aggiornamento dello stesso alla luce dell'avvenuta applicazione del regolamento (UE). Riguardo il quadro sanzionatorio, gli uffici del Ministero dello sviluppo economico hanno messo a punto una bozza di decreto legislativo concernente proprio la disciplina delle sanzioni da applicare in conseguenza della violazione delle disposizioni del regolamento, aggiornata alla luce delle osservazioni raccolte in occasione del tavolo di confronto. Il provvedimento sta per essere emanato. Riguardo al quesito concernente la questione su come intenda far fronte all'obbligo di comunicazione dell'eventuale presenza di allergeni negli alimenti venduti o somministrati in ristoranti, si precisa che tale modalità è già contenuta nella bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di aggiornamento del decreto legislativo n. 109 del 1992 e dovrà essere formalmente condiviso con il Ministero della salute, Dicastero concertante nell'emanazione del detto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri».

Da tempo il MoVimento 5 Stelle denuncia i colpevoli ritardi del Governo nell'introdurre norme applicative e sanzionatorie, e così pure l'inerzia dei controllori rispetto a illeciti diffusi sui prodotti venduti sfusi. Allo stato attuale, molte delle nuove etichette dei prodotti venduti sugli scaffali dei supermercati sono palesemente non conformi.
In un articolo dello scorso 22 febbraio de Il Fatto Alimentare è stata pubblicata una lista di errori più frequenti riportati in etichetta:
a) la dicitura «farina 0», «farina tipo 00» o «farina integrale» non basta, perché il numero («0» oppure «00» come pure la tipologia «integrale») esprime la granulometria dello sfarinato, ma può riferirsi a qualsiasi cereale o legume. Se il prodotto contiene grano o frumento bisogna scriverlo ed evidenziarlo;
b) la frase «contiene frutta secca con guscio» è insufficiente. Le persone allergiche alle noci devono poter trovare il nome per esteso e in evidenza sulla lista ingredienti in etichetta. Altrettanto dicasi per mandorle, nocciole, pistacchi, arachidi, noci di acagiù (o anacardi), noci di pecan, noci del Brasile, noci macadamia;
un discorso analogo riguarda i prodotti con glutine. Visto che diversi cereali lo contengono occorre citare separatamente le diverse specie: grano, farro, grano khorasan, segale, orzo, avena;
quando sulla confezione troviamo la scritta: «pangrattato», «margarina», «formaggio (...)» «cioccolato», «confettura di (... )» occorre essere più precisi perché si tratta di ingredienti composti. In questo caso il nome deve essere abbinato ai componenti minori riportati tra parentesi, in ordine decrescente, evidenziando in grassetto o con un altro metodo grafico gli eventuali allergenici;
anche la scritta «prodotto in uno stabilimento dove si lavorano/dove sono presenti (...)» non basta. L'operatore responsabile deve assicurare un'informazione esatta indicando eventuali lavorazioni in atto nelle vicinanze, non previste dal regolamento UE 1169/11, possono semmai costituire oggetto delle valutazioni di cui in seguito;
«contiene/può contenere... (di tutto e di più, ndr)», «cartello unico degli ingredienti...». L'impiego di elenchi generici e tendenzialmente omnicomprensivi rispetto alla lista degli ingredienti allergenici di cui in Allegato II del reg. (UE) 1169/11 può venire considerato, da parte degli ispettori pubblici, come inadempimento dei doveri di autocontrollo a carico degli operatori ed esercenti;
la presenza in etichetta della parola «Allergeni» seguita da alcuni ingredienti allergici non è prevista dal regolamento, perché può indurre il consumatore a credere che l'elenco consideri oltre alle sostanze previste nella norma europea anche altre come: aglio, fave, alcuni additivi e/o loro supporti, spezie.

Alla luce di tutte queste mancanze da parte del governo ho presentato altre due interrogazioni parlamentari chiedendo al ministro dello sviluppo economico di assumere urgentemente iniziative volte a definire le norme relative alle sanzioni da applicare agli operatori che non ottemperano agli obblighi previsti dal regolamento (UE) 1169/2011 in materia di fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, al fine di dotare le autorità preposte ai controlli di degni strumenti necessari a garantire la corretta applicazione delle disposizioni in esso contenute. Inoltre ho chiesto di notificare una volta per tutte alla Commissione europea la volontà di mantenere l'obbligo di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia.
I cittadini hanno il diritto di conoscere lo stabilimento in cui viene prodotto il loro cibo e l'eventuale presenza di allergeni o prodotti che possano danneggiare la propria salute. Il Governo non può continuare a rimanere indifferente di fronte a tutto questo, ne va della salute di tutti.

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