Pontile ex Sir di Lamezia Terme: un progetto comune Stato-Regione per la bonifica integrale dell’area
«Elaborare un progetto comune Stato-Regione volto alla bonifica integrale dell’area ex SIR a Lamezia Terme evitando ulteriori danni all’ambiente e ripristinando il decoro della zona che giace all’ombra dell’ennesimo ecomostro italiano, chiaro simbolo del fallimento di anni di miopi politiche industriali che altro non hanno fatto se non ritorcersi contro il rilancio del Mezzogiorno». E’ quanto chiede il parlamentare calabrese Paolo Parentela del Movimento 5 stelle, in un'interrogazione al Governo nella quale ricostruisce la vicenda del ponte lametino di proprietà del demanio costruito nel 1971 dallo Stato con un esborso di 230 miliardi di lire e miseramente crollato nell’ottobre 2012 senza che mai alcuna nave vi avesse attraccato. Parentela, che ha scritto l'interrogazione su impulso del Meetup di Lamezia Terme, aggiunge:«Non è mai stato realizzato un completo recupero della zona che è stata luogo di discariche abusive a causa della mancata custodia da parte dell’Ente proprietario». «Il pontile ex Sir di Lamezia Terme è l'ennesima prova di come sia miseramente fallito il tentativo della politica di rendere la Calabria una regione industriale. Decenni di promesse e di posti di lavoro che si sono tradotti in devastazione dell'ambiente ed in assistenzialismo verso i calabresi, senza puntare al vero sviluppo del territorio e soprattutto senza tenere minimamente in considerazione le vocazioni naturali della Calabria».
Parentela: «la bonifica integrale dell'area non può attendere ulteriormente. Governo e Regione restituiscano la zona ai cittadini e rimedino ai danni provocati dalla vecchia classe politica».
LA STORIA E IL TESTO DELL'INTERROGAZIONE:
Davanti all’area industriale di Lamezia Terme c’è un pontile costruito nel 1971 che si protende per 640 metri - interrotti dal crollo della struttura - che avrebbe dovuto servire il grande impianto chimico della Sir (Società Italiana Resine) permettendo l'attracco di navi per lo scarico e il carico di materiali necessari per il funzionamento degli impianti ma che, ad oggi, versa in uno stato di totale abbandono e degrado.
Il pontile è stato finanziato dallo Stato con 230 miliardi di lire dell’epoca (costo del complesso industriale) e rientrava in un pacchetto di investimenti industriali varato dal ministro dell'Industria, commercio e artigianato Emilio Colombo per calmare il malcontento diffusosi nella zone a seguito dei "Moti di Reggio" - sommossa popolare avvenuta a Reggio Calabria dal luglio del 1970 al febbraio del 1971 - con la promessa di 3mila posti di lavoro,
Nino Rovelli, industriale del Nord, si accordò con lo Stato per rilevare circa 200 ettari dell’area lametina poi diventati 400. Il finanziamento totale, e a fondo perduto dello Stato al gruppo imprenditoriale Rovelli, da 45 miliardi lievitò fino 230 miliardi di vecchie lire per la realizzazione dell’intero complesso che avrebbe dovuto occupare, per l’esattezza, 2345 persone. Il progetto si rivelò però presto fallimentare, così la fabbrica chiuse e l'area venne abbandonata.
Negli anni successivi l’amministrazione comunale riacquistò i terreni per creare “LameziaEuropa”, Società che di fatto possiede i 400 ettari che furono dell’ex Sir. Nell’area vi è oggi anche l’AsiCat, l’Agenzia di sviluppo industriale della provincia catanzarese.
Non è mai stato realizzato un completo recupero della zona, che anzi è stata luogo di discariche abusive. A novembre 2010 vennero infatti sequestrate cinque aziende nell’Area Ex Sir due pattuglie radiomobili della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia Marina congiuntamente a militari della delegazione di spiaggia di Gizzeria Lido, procedettero a sottoporre a sequestro cinque aree ricadenti nella zona industriale ex SIR di Lamezia Terme, per discarica non autorizzata di rifiuti speciali industriali, per accumuli di fanghi di depurazione senza la prevista autorizzazione e interramento di cumuli di lana di vetro senza rispettare i criteri tecnico progettuali, che arrecano rischio per le matrici ambientali interessate (suolo, sottosuolo e falde acquifere). Le cinque aree sequestrate dalla Polizia Giudiziaria operante, composta da sei militari del Servizio Operativo della Guardia Costiera di Vibo Valentia Marina e due della Guardia Costiera di Gizzeria Lido, ammontano ad una superficie di circa 15.000 mq. Dalla relazione tecnica dell’Arpacal sono emerse carenze costruttive rilevate sia negli atti progettuali che sulle opere realizzate, sulle aree dove sono state interrati rifiuti speciali industriali quali la lana di vetro, accumuli di rifiuti di vario genere tra cui fibre di cemento (eternit), uno stoccaggio abusivo di fanghi derivanti dalla depurazione senza la prevista autorizzazione, un vasto accumulo con la realizzazione di collinette di lana di vetro.
Nell’ottobre 2012 il pontile è crollato senza che mai alcuna nave vi avesse attraccato, utilizzato solo da alcuni pescatori. La parte iniziale della struttura ha ceduto sprofondando in riva al mare del golfo di Sant'Eufemia;
La presenza di sostanze inquinanti nel sito hanno portato la Procura della Repubblica di Lamezia Terme all’avvio di un procedimento di indagine penale e al sequestro preventivo della struttura. “Dall’analisi di campioni prelevati nel corso di sopralluogo svolto dall’Amministrazione provinciale di Catanzaro, con il supporto del Dipartimento di Scienze Farmacobiologiche dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, presso il pontile industriale della SIR in località San Pietro Lametino del Comune di Lamezia Terme” - si legge nella sentenza N. 00169/2014 del Tar della Calabria - “era risultata la presenza di miscele di PCB (policlorobifenili) e diossine, derivanti dal materiale fuoriuscito da un trasformatore posto sul pontile. All’effettuazione di interventi di emergenza seguivano indagini preliminari sul tratto di mare antistante il pontile eseguite dall’ARPACAL. Dalle analisi su campione dei sedimenti marini prelevati nel tratto di mare antistante il pontile risultava la presenza di contaminazione da PCB, che richiedeva “la predisposizione di un piano di caratterizzazione per valutare l’effettiva estensione della contaminazione, sia sulla superficie del fondale che in profondità”.
La notizia dello sversamento in mare di pericolose sostanze inquinanti quali Policlorobifenili e Diossine provenienti dallo stabilimento ex SIR di Lamezia Terme - causato anche dalla rottura di un vecchio trasformatore dello stabilimento - ha fatto mobilitare il WWF Calabria, che ha sollevato diversi interrogativi sull’entità e la pericolosità del fenomeno.
La provincia di Catanzaro con ordinanza-diffida n. 3 dell’1 febbraio 2013 emessa ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006 ha cercato di imporre al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di “provvedere alla bonifica del sito contaminato in località Area Pontile ex SIR, nel Comune di Lamezia Terme e di predisporre, entro trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza, un piano di caratterizzazione per valutare l’effettiva estensione della contaminazione, sia sulla superficie del fondale che in profondità”.
Con ricorso notificato il 24 aprile 2013, depositato nella Segreteria del Tar della Calabria il successivo 3 maggio, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare impugnava la sopra citata ordinanza-diffida del Dirigente del Settore Tutela e Sviluppo Ambientale dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro e “a sostegno del ricorso il Ministero deduceva:
1) Violazione di legge (artt. 7 e 8, l. 241/90 – art. 253, commi 3 e 4, d. lgs. n. 152/2006). Mancata comunicazione di avvio del procedimento - Violazione del contraddittorio. Mancanza assoluta di motivazione del provvedimento. Mancanza assoluta di istruttoria. Violazione dei principi di adeguatezza, precauzione, proporzionalità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost. e art. 1, l. n. 241/1990). Sarebbe stata omessa comunicazione di avvio del procedimento. Mancherebbe ogni motivazione in ordine alle ragioni alla base della decisione di emettere il provvedimento nei confronti del soggetto proprietario dell’area, laddove l’obbligo grava in primo luogo sul responsabile dell’inquinamento. Solo nel caso di impossibilità di individuare tale soggetto il relativo obbligo potrebbe essere addossato sul proprietario dell’area. Difetterebbe, inoltre, ogni attività istruttoria riguardo a tale profilo. L’Amministrazione si sarebbe basata solo sulle analisi effettuate dall’ARPACAL e sull’esito del sopralluogo eseguito con il supporto del Dipartimento delle Scienze farmacologiche dell’Università Magna Grecia di Catanzaro. L’azione posta in essere dall’Amministrazione provinciale, a causa della carenza istruttoria e di motivazione, sarebbe inadeguata a soddisfare gli interessi pubblici perseguiti e ciò impedirebbe di conseguire con efficacia ed efficienza la tutela ambientale, oltre che l’obiettivo della sostenibilità dei costi, con conseguente compromissione del principio di proporzionalità. L’esigenza di un apparato motivazionale sufficiente, basato su un’istruttoria completa, sarebbe anche connessa alla necessità di evidenziare e le ragioni dell’intervento, in ossequio al principio di precauzione.
2) Violazione degli artt. 192 e 244, d.lgs. n. 152/2006. Insussistenza dei presupposti per l’emissione dell’ordine di bonifica del sito nei confronti del Ministero dell’Ambiente. L’inclusione nel demanio marittimo delle aree in questione e delle relative opere di carattere pertinenziale non implicherebbe in maniera automatica la responsabilità dello Stato per il danno ambientale causato. Dovrebbe trovare applicazione l’art. 2051 c.c. in materia di danni cagionati da cose in custodia. Sarebbe stato onere del concessionario SIR prevenire la causazione di danni a terzi e ambientali per il superamento di CSC derivanti da sostanze fuoriuscite da un trasformatore ubicato sul pontile industriale.
3) Mancanza assoluta di istruttoria - Violazione del principio chi inquina paga. Violazione dell’art. 192 e 244 d.lgs. n. 152 del 2006: omesso compimento delle opportune indagini “volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento”. La normativa nazionale di recepimento della normativa comunitaria escluderebbe una responsabilità di tipo oggettivo del proprietario dell’area interessata dal fenomeno di inquinamento ambientale. L’obbligo del proprietario di provvedere alle attività di cui al titolo V del d.lgs. n. 152/2006 sarebbe pur sempre subordinato all’accertamento di un nesso causale tra la condotta dello stesso e i danni ambientali provocati. Sarebbe il responsabile dell’inquinamento a dover sopportare i costi, mentre il proprietario sarebbe chiamato in via sussidiaria e comunque nei limiti dell’arricchimento, a tenere indenne l’Amministrazione dai costi di bonifica da essa sopportati.
4) Insussistenza della qualificazione del sito come SIN (art. 252, d.lgs. n. 152/2006) o come Sito di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale (art. 252-bis, d.lgs. cit.), in mancanza del decreto ministeriale all’uopo necessario. Non sarebbe mai stato emesso il decreto ministeriale di qualificazione dell’area quale sito di interesse nazionale”;
con ordinanza n. 235 del 17 maggio 2013 veniva accolta l’istanza cautelare avanzata dal Ministero ricorrente ma, al contempo, Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria affermava: “nelle difese dell’Amministrazione provinciale si imputa allo Stato la situazione di abbandono in cui versa l’area in questione e si afferma che l’inquinamento si è verificato a causa della mancata custodia da parte dell’Ente proprietario. Di ciò, però, non si dà minimamente ragione nella pur ampia e articolata motivazione di cui al provvedimento impugnato, nell’ambito del quale non si va oltre la constatazione per la quale l’area e le relative opere sono incluse nel demanio marittimo”.
Dopo la sentenza del TAR che ha annullato la sopracitata delibera, non è più stata avviata la caratterizzazione dei sedimenti e delle acque di superficie, nonostante i risultati delle analisi sui campioni rilevassero appunto la presenza delle sostanze inquinanti
Ecco la domanda che abbiamo rivolto ai Ministri di competenza:
se il Governo non ritenga opportuno che venga superato il conflitto di attribuzione esposto nelle premesse così da elaborare un progetto comune Stato-Regione volto alla bonifica integrale dell’area ex SIR a Lamezia Terme evitando ulteriori danni all’ambiente e ripristinando il decoro della zona che, attualmente, giace all’ombra dell’ennesimo ecomostro italiano, chiaro simbolo del fallimento di anni di miopi politiche industriali che altro non hanno fatto se non ritorcersi contro il rilancio del Mezzogiorno.
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