Accesso alla TERRA, bene comune


L’agricoltura, in controtendenza con la crisi economica e finanziaria che interessa il nostro Paese da diversi anni, è l’unico comparto che mostra segni di grande vitalità. Nel primo trimestre del 2013, infatti, ha registrato segnali positivi con una variazione tendenziale del PIL del + 0,1 % ed un aumento degli occupati dipendenti complessivi pari allo 0,7%. I lavoratori agricoli sono sempre più spesso i giovani, che stanno inventando – o forse solo riscoprendo – in una società ormai satura di consumo e consumismo, un modo di vivere diverso e sempre più vicino alla “terra”. L’occupazione giovanile in agricoltura segna, infatti, un vero e proprio record con un incremento di oltre il 9% per i giovani under 35 e allo stesso tempo, sempre seguendo la stessa linea di tendenza, sale il numero degli iscritti agli istituti professionali agricoli e agli istituti tecnici di agraria. Un aumento che supera il 42% per l’anno scolastico 2012-2013. Dall’ultimo rapporto Excelsior Unioncamere emerge inoltre che grazie al turn over generazionale in agricoltura saranno 200 mila i posti di lavoro a disposizione dei giovani nei prossimi anni.
Tutti questi appaiono segnali importanti, che non dovrebbero essere trascurati da un Paese che ha necessità di rilanciarsi, magari partendo proprio dal settore agricolo. Tuttavia nessun provvedimento sostanziale è stato preso negli ultimi anni per incentivare e promuovere l’avvicinamento dei giovani all’agricoltura, magari mettendo in campo un vero e proprio investimento in questo senso.

Al contrario, il decreto legge 24 gennaio 2012, n.1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, all’articolo 66 prevede, di fatto, l’alienazione dei terreni agricoli demaniali che potranno essere venduti “al miglior offerente”, con tutte le conseguenze che questo potrebbe comportare (vedi il fenomeno, esacerbato dalla crisi energetica e dalla speculazione finanziaria, del land grabbing: oltre 700.000 piccole aziende sono sparite nell’arco di un decennio e il 30% dei terreni fertili è in mano all’1% delle aziende). È evidente che questo provvedimento contrasta con quella che dovrebbe essere una politica di promozione dell’accesso alla terra per i giovani agricoltori.

Mettere in vendita la terra pubblica, significa alienarla, significa darla in pasto a chi su quella terra vuole speculare – magari per costruire un impianto di produzione di energia alternativa, o un grande parco eolico -, significa farla scomparire dal nostro patrimonio, significa non considerala quello che effettivamente è: un bene comune.
È per ribadire e rafforzare questo concetto che nasce la presente proposta di legge che modifica l’articolo 66 del succitato decreto, ridefinendo la possibilità, da parte dello Stato, di disporre dei propri terreni agricoli e prevedendo, quindi, canoni di locazione dei terreni ad hoc per i giovani agricoltori.
La soluzione individuata nel presente testo normativo è, quindi, quella dell’affitto dei terreni agricoli – come individuati dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali - riservando ai giovani agricoltori, come definiti dal Regolamento CEn. 1698 / 2005 del Consiglio del 20 settembre 2005 una percentuale non inferiore al 25% del totale degli stessi terreni.
Nella proposta di legge viene imposto, inoltre, il divieto di utilizzare tali terreni con uno scopo diverso da quello agricolo e, per questa ragione, vengono definite nel dettaglio le attività agricole.
L’altro obiettivo di questa proposta di legge è quello di tutelare e promuovere metodi di agricoltura biologica basati su sistemi agroecologici e destinati esclusivamente a scopi alimentari. In particolare si prevede il divieto assoluto di coltivare sul terreno locato piante geneticamente modificate, anche a fini sperimentali. La legge stabilisce altresì di poter destinare i terreni agricoli demaniali ad attività di agricoltura sociale. Tra i criteri individuati vi è anche quello di prevedere che la durata della locazione sia adeguata ai cicli biologici naturali.

La presente proposta di legge consta di due articoli.

L’articolo 1 sostituisce interamente l’articolo 66 del decreto legge 24 gennaio 2012, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. L’intento è evidente sin dalla sostituzione, nella rubrica, della parola “dismissione” con “affidamento in locazione”. Il comma 1 definisce le modalità con cui il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali individua i terreni agricoli da dare in locazione a cura dell’Agenzia del Demanio, che, in ogni caso, non entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato. L’impossibilità di fare di tali terreni un uso diverso da quello agricolo è stabilita dai commi 1.bis e 1.ter.
Il comma 1.quinquies stabilisce che l’affidamento in locazione dei terreni debba essere riservato, almeno per il 25%, ai giovani agricoltori così come definiti dal Regolamento CE n. 1698 / 2005 del Consiglio del 20 settembre 2005. I commi 2 e 3 sono relativi rispettivamente alle modalità di contratto agevolate, previste da dall'articolo 5-bis, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, e ai benefici riservati ai giovani agricoltori di cui al capo III del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni.
Il comma 6 vieta la possibilità di dare al terreno affittato una destinazione urbanistica diversa da quella agricola. Il comma 7 stabilisce che le risorse derivanti dai canoni di locazione devono essere destinate all’incentivazione, valorizzazione e promozione dell’agricoltura nazionale con priorità all’agricoltura biologica, nonché allo sviluppo delle piccole e micro imprese agricole.

L’articolo 2 delega il governo ad adottare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge un decreto legislativo volto ad attuare quanto previsto dal modificato articolo 66 del decreto legge 24 gennaio 2012, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e di determinati principi e criteri direttivi stabiliti dal comma 2 dello stesso articolo 2. Dall’attuazione di tale decreto legislativo non dovranno derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


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